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30 November, 2009

Filmoteca o Cineteca per me pari non sono


Devo ringraziare Cineuropa. Naturalmente per la fiducia che mi ha concesso per questo spazio ma anche per un banner 'pubblicitario' che ha fatto capolino per qualche tempo nell'home page del sito. Sono venuto così a scoprire che l'Istituto Catalano delle Industrie Culturali (ICIC) ha lanciato una concorso internazionale per il ruolo di direttore della Filmoteca Catalana. Precisando che si tratta di un'iniziativa motivata dal fatto che l'attuale responsabile, Roc Villas, è andato in pensione. E in tre lingue (catalano, castigliano e inglese) si spiega che il concorso è aperto a candidati di qualsiasi stato membro dell'Unione Europea o con residenza legale in Spagna e che dimostrino di essere specialisti dell'audiovisivo e di aver avuto un'esperienza significativa nella direzione o gestione di istituzioni culturali similari.

Perché mi ha colpito? Perché, anche se tutto si dovesse risolvere con una decisione interna e/o politica catalana, c'è almeno la sensazione di avere di fronte un'amministrazione che, pur essendo regionale (con le ampie libertà delle autonomie spagnole), sotto la bella voce "Lavora con noi" guarda all'Europa e anche ai nuovi cittadini (la residenza legale). Non dimenticandosi della trasparenza amministrativa e della pubblicità delle sue iniziative.

Senza voler fare il "Report" della situazione (il programma della Gabanelli che quando tratta un tema italiano va subito a vedere cosa accade specularmente in Europa - soprattutto Germania - e ci fa giustamente neri), mi domando però: che cosa accade da noi?

Si dà il caso che negli stessi giorni del catalano bando sia stato nominato, come recita il comunicato ufficiale, il nuovo Conservatore (che sublime ossimoro!) della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia. Insomma, come in Spagna, una sorta di direttore della Filmoteca Italiana. Per carità tutto è stato fatto secondo le regole (lo Statuto del Csc, in particolare l'articolo 5). Per carità il "dott." (sempre come burocraticamente recita il comunicato) Enrico Magrelli è persona stimata e vieppiù stimabile nel panorama professionale cinematografico italiano (certo concentra sulla sua persona un numero abbastanza impressionante di incarichi che la nota della Cineteca ben sottolinea dimenticandone pure uno, la vicedirezione del Bari International Film&Tv Festival).

Fatto sta che, come in un sogno, ci sarebbe piaciuto leggere da qualche parte, senza peraltro bisogno di modificare in alcunché lo statuto, che "il Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia, 'prof.' Francesco Alberoni, ha indetto un concorso internazionale per il ruolo di Conservatore della Cineteca Nazionale aperto a candidati di qualsiasi stato membro dell'Unione Europea o con residenza legale in Italia. Il candidato scelto, in base alla specializzazione nell'audiovisivo e all'esperienza significativa nella direzione o gestione di istituzioni culturali similari, verrà poi proposto per la nomina - come da statuto - al Consiglio di Amministrazione".

Che poi, alla fine, sarebbe stato chiamato comunque Enrico Magrelli, possessore di tutti i requisiti richiesti, non avrebbe formalmente fatto differenza. L'apparenza certo non è la sostanza ma almeno per un po' ci avrebbe aiutato a sognare di vivere in un Paese diverso.



20 November, 2009

In prima linea


Da poche ore ha iniziato a camminare con le proprie gambe. Finalmente libero e liberato.
Sembrerà strano ma parliamo di un film: La prima linea di Renato De Maria. Come si dice in questi casi, sarà il pubblico a giudicarlo (anche se i primi risultati al botteghino non sono incoraggianti). Purtroppo al di là dell'aspetto cinematografico. Che è passato, passa e passerà in secondo piano. Paradossalmente un bene per un film che, formalmente, non vola certo alto. Ma che invece si laurea a pieni voti sul contenuto. (S)contentando tutti. In primis Sergio Segio autore di quel Miccia corta da cui, liberamente (troppo secondo colui che fu "il comandante Sirio", tra i fondatori di Prima Linea, l'organizzazione armata di estrema sinistra attiva negli anni Settanta), il regista ha tratto il film. Mentre per i sei membri della Commissione per la cinematografia del Mibac (Rosaria Marchese, Antonio Ferraro, Enrico Magrelli, Francesco Gesualdi, Oscar Iarussi, Dario Viganò) si tratta di un "film che non lascia alcun dubbio sul giudizio che di fatto esprime e una rappresentazione senza eroi, né positivi né negativi, dove lo sguardo vuoto dei protagonisti esprime, con lucida freddezza, la solitudine dell’autoemarginazione". Più articolato, ma anche cinematograficamente più confuso, il pensiero di una vittima del terrorismo come Benedetta Tobagi che spiega perché La prima linea non sappia raccontare il terrorismo anche "per la mancanza dello sforzo di ricostruzione complessiva de La Banda Baader-Meinhof "(sic!).
Tre diverse letture, quelle appena citate (ma Il Corriere della Sera ha anche pubblicato una toccante testimonianza del figlio del giudice Galli il cui assassinio nel film non è mostrato perché è stato scelto "solo" quello del collega Alessandrini), che rispecchiano i tre punti di vista, apparentemente inconciliabili, del carnefice, della vittima e dello Stato. Quest'ultimo ha avuto modo di condizionare la realizzazione del film perché il produttore Andrea Occhipinti ha richiesto un finanziamento alla Direzione generale per il cinema, generando così una delle più ridicole querelle degli ultimi anni.
In estrema sintesi ci si è chiesti: può lo Stato partecipare economicamente a un film che parla di terrorismo da un libro d'un terrorista? E i familiari delle vittime? La risposta, nell'anno domini 2009, è stata no. E tralasciamo l'iter burocratico impazzito e surreale che è culminato con due colpi di scena: un comunicato stampa quantomeno illogico del ministro Sandro Bondi (è un buon film ma non va finanziato...) e la conseguente rinuncia di Occhipinti ai soldi dello Stato che, comunque, gli ha riconosciuto "l'interesse culturale nazionale" e l'ha giudicato, attraverso la Commissione di revisione cinematografica, un film "per tutti".
E quindi ora "tutti" potranno giudicare e magari capire perché un film sulla banda di criminali di Prima Linea abbia generato tutte queste polemiche che non ricordiamo però, ad esempio, per Romanzo criminale di Michele Placido sulla Banda della Magliana con buona pace dei familiari di quelle vittime. Cos'hanno di diverso le due tipologie di criminali? L'ideologia. Che invece di essere un'aggravante è vista spesso come un'attenuante. Quantomeno da capire, analizzare, interpretare e, infine, giustificare. Ed è questo che spaventa tutti: carnefici, vittime e Stato. Ma non gli spettatori. Perché La prima linea di Renato De Maria questo difetto almeno non ce l'ha.