16 December, 2009
(Non) Ho visto cose...
Già li sento i mugugni (giusti e impotenti dei miei colleghi). Domattina verrà presentato a Roma la nuova creatura milionaria di De Laurentiis (l'unico in Italia - l'ho sempre pensato - a realizzare un vero film 'di produzione') , Natale a Beverly Hills diretto da Neri Parenti e in uscita il 18 dicembre.
Qui e ora non ci interessa ancora parlare di chi sarà il vincitore dell'italico cinepanettone. Auguriamo grandi fortune a tutti, perché amiamo il cinema al cinema (la speranza è sempre che quelli che mettono il piede una sola volta l'anno in una sala cinematografica, poi ci ritornino).
Però. C'è un però. I vari concorrenti non sono tutti uguali ai nastri di partenza. C'è ancora chi si ostina a confrontarsi con il pubblico (ormai, e giustamente, molto vasto) dei mezzi di comunicazione. Esponendosi naturalmente a possibili critiche che possono derivare dalla visione (addirittura!) dell'opera filmica di cui per lavoro si andrà a scrivere, parlare, raccontare, ecc.
Leonardo Pieraccioni, con Medusa, l'ha fatto per il suo spiazzante e apprezzabile "Io&Marilyn" (anch'esso dal 18 dicembre al cinema). Aurelio De Laurentiis, come vuole la sua tradizione, incontrerà domani la stampa nazionale, porterà tutto il cast, sarà magari disponibile anche a rispondere a domande sulla sua squadra di calcio ma di far vedere il film non se ne parla. Nisba.
Intendiamoci, qualsiasi produttore è libero di far vedere a chi vuole il suo film prima dell'uscita in sala. Ci mancherebbe. Così De Laurentiis, pare sempre per superstizione, l'ha mostrato come di consueto solo ai giornalisti di Campania, Molise, Puglia, Calabria e Basilicata (e le isole? Almeno la Sicilia...) in un'anteprima nel capoluogo partenopeo alla presenza dei calciatori del Napoli. Rigorosamente però solo dopo aver fatto la conferenza stampa con la sicurezza che i pezzi erano già chiusi in redazione.
Paura dei critici? Ma no, che cosa gliene può importare a Natale a Beverly Hills di quella sparuta riserva indiana in via d'estinzione. Perché tanto è il gradimento del pubblico, sempre alto, che conta. E allora? Un po' come accade a chi viene eletto dal popolo e su quel consenso fonda tutta la sua politica è lo spregio delle regole (in questo caso non scritte), il menefreghismo dei ruoli istituzionali, forse solo l'antipatia verso la categoria dei giornalisti a fare la differenza. Così, tanto per sminuirla (con buona pace della dignità professionale).
E sotto questo aspetto De Laurentiis non è certo da solo...
P.S. (del 18 dicembre)
La nostra è stata una facile profezia. Quest'anno però i giornalisti ("di colore", li ha definiti amabilmente De Laurentiis) si sono fatti sentire un po' di più. Tanto da far muovere (addirittura!) il sindacato. Evidentemente la misura era colma.
08 December, 2009
Melancolia 8½-9
Non so perché mi è presa così. Sarà l'arrivo dell'inverno (e della fine dell'anno?). Sarà il tempo bigio. Fatto sta che quando ho visto il luccicante trailer numero 2 di Nine (in uscita il 18 dicembre negli Stati Uniti e il 22 gennaio in Italia per 01 Distribution) m'è presa una grande malinconia. (Per i pochi interessati, c'è da notare che di solito non sono attraversato granché da questo umore e che il musical è uno dei miei generi preferiti). E comunque quando ho visto e sentito Kate Hudson cantare "Cinema italiano", il mio primo stato d'animo è stato, appunto, di rimpianto. Per un cinema, il nostro, quello italiano, che non c'è più. Più ascoltavo il definitivo omaggio a Federico Fellini e al suo oscarizzato 8½ e più pensavo alla morte del nostro cinema.
Ma non all'aspetto industriale, comunque importantissimo, della faccenda (con l'altissimo numero di italiche produzioni annue) perché nella storia, si sa, ci sono sempre gli alti e i bassi. Le età dell'oro nascono e muoiono (e quella del nostro cinema è storicamente defunta). Quanto piuttosto a una questione più profonda. Nel bislacco testo di Nine c'è tutto l'immaginario di una certa Italia. Fotografata da Fellini ma che paradossalmente - e non è neanche tanto importante - non è forse mai esistita (può essere la stessa Italia che cinque anni dopo - proprio in questi giorni - agonizzava a Piazza Fontana?). Era naturalmente il sogno di una certa Italia. In qualche modo glamour, fatta di pezzi di maschio latino, di gocce di caffè, d'una vita ancora in bianco e nero, di scorci di costiera, di luce unica. Quella che fa dire a Kate Hudson di Guido/Marcello Mastroianni "l'ultimo uomo romano".
Un'Italia d'esportazione, certo. Un'Italia da cartolina. Ma cinematografica. Perché questo il cinema riesce a fare: crea l'immaginario collettivo. Anche estero. Figuriamoci nelle mani di Fellini.
Ma allora la malinconia? E' per l'immaginario che il cinema italiano riesce a creare oggi. Da "Gomorra" a "Il Divo", tanto per dire di due opere capitali. Perché non si tratta più d'immaginario. Ma di realtà. Che è certamente esistita, esiste e, purtroppo, esisterà...
30 November, 2009
Filmoteca o Cineteca per me pari non sono
Devo ringraziare Cineuropa. Naturalmente per la fiducia che mi ha concesso per questo spazio ma anche per un banner 'pubblicitario' che ha fatto capolino per qualche tempo nell'home page del sito. Sono venuto così a scoprire che l'Istituto Catalano delle Industrie Culturali (ICIC) ha lanciato una concorso internazionale per il ruolo di direttore della Filmoteca Catalana. Precisando che si tratta di un'iniziativa motivata dal fatto che l'attuale responsabile, Roc Villas, è andato in pensione. E in tre lingue (catalano, castigliano e inglese) si spiega che il concorso è aperto a candidati di qualsiasi stato membro dell'Unione Europea o con residenza legale in Spagna e che dimostrino di essere specialisti dell'audiovisivo e di aver avuto un'esperienza significativa nella direzione o gestione di istituzioni culturali similari.
Perché mi ha colpito? Perché, anche se tutto si dovesse risolvere con una decisione interna e/o politica catalana, c'è almeno la sensazione di avere di fronte un'amministrazione che, pur essendo regionale (con le ampie libertà delle autonomie spagnole), sotto la bella voce "Lavora con noi" guarda all'Europa e anche ai nuovi cittadini (la residenza legale). Non dimenticandosi della trasparenza amministrativa e della pubblicità delle sue iniziative.
Senza voler fare il "Report" della situazione (il programma della Gabanelli che quando tratta un tema italiano va subito a vedere cosa accade specularmente in Europa - soprattutto Germania - e ci fa giustamente neri), mi domando però: che cosa accade da noi?
Si dà il caso che negli stessi giorni del catalano bando sia stato nominato, come recita il comunicato ufficiale, il nuovo Conservatore (che sublime ossimoro!) della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia. Insomma, come in Spagna, una sorta di direttore della Filmoteca Italiana. Per carità tutto è stato fatto secondo le regole (lo Statuto del Csc, in particolare l'articolo 5). Per carità il "dott." (sempre come burocraticamente recita il comunicato) Enrico Magrelli è persona stimata e vieppiù stimabile nel panorama professionale cinematografico italiano (certo concentra sulla sua persona un numero abbastanza impressionante di incarichi che la nota della Cineteca ben sottolinea dimenticandone pure uno, la vicedirezione del Bari International Film&Tv Festival).
Fatto sta che, come in un sogno, ci sarebbe piaciuto leggere da qualche parte, senza peraltro bisogno di modificare in alcunché lo statuto, che "il Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia, 'prof.' Francesco Alberoni, ha indetto un concorso internazionale per il ruolo di Conservatore della Cineteca Nazionale aperto a candidati di qualsiasi stato membro dell'Unione Europea o con residenza legale in Italia. Il candidato scelto, in base alla specializzazione nell'audiovisivo e all'esperienza significativa nella direzione o gestione di istituzioni culturali similari, verrà poi proposto per la nomina - come da statuto - al Consiglio di Amministrazione".
Che poi, alla fine, sarebbe stato chiamato comunque Enrico Magrelli, possessore di tutti i requisiti richiesti, non avrebbe formalmente fatto differenza. L'apparenza certo non è la sostanza ma almeno per un po' ci avrebbe aiutato a sognare di vivere in un Paese diverso.