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18 February, 2010

Commedia all'italiana: da Roma a Venezia



Non sarà tangentopoli. Saranno pure su 100 solo "1, 2, 3, 4 o 5 individui che possono essere dei birbantelli o dei birbanti che approfittano della loro posizione per interesse personale", come ha avuto modo di dire oggi il presidente del Consiglio. Fatto sta che le ultime inchieste della magistratura sulla corruzione non stanno spaventando solo i palazzi della politica e dell'imprenditoria ma le loro diramazioni arrivano a toccare anche il mondo del cinema che a prima vista ne sembrava immune.
In questo ambito purtroppo è in atto in questi giorni un gioco al massacro. Le intercettazioni dell'inchiesta della procura di Firenze sugli appalti per il G8 alla Maddalena filtrano centellinate, sezionate, slegate, fuori contesto e i nomi che appaiono, mediaticamente interessanti, infine sputtanati. Perché basta una citazione, in questo vero e proprio casino di puntini, puntini, puntini, a rimanere latente nell'orecchio, nella mente del lettore. Alla fine, nel calderone, chi sa più riconoscere chi è il buono e chi il cattivo, cosa che invece il cinema classico ci ha bene insegnato?
Così l'arresto dell'ingegnere Angelo Balducci, presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ha portato con sé tutta una serie di allusioni che, rimanendo nel mondo del cinema, sembrano addirittura far ricadere le colpe dei padri sui figli. E' il caso di Lorenzo Balducci, un attore con il curriculum lungo così, che si dice, si ammicca, si allude, il padre Angelo possa aver aiutato. A questo riguardo è paradigmatica la voce di Wikipedia sull'attore che è stata immediatamente aggiornata e fino a poche ore fa (qui la cronologia con il passo eliminato) dava conto, partendo da un articolo del Corriere della Sera, delle indiscrezioni giornalistiche mettendo in mezzo anche il vicedirettore della Rai Giancarlo Leone (per di più straparlando del padre). Poi è intervenuto l'avvocato di Lorenzo Balducci e giustamente la voce di Wikipedia è tornata a parlare solo della già lunga carriera del giovane attore. Che è ciò che per ora solo ci interessa. Poi certo papà Balducci avrà pure parlato con l'imprenditore Anemone che ha parlato con Leone del figlio attore. Ma l'intercettazione racconta di un innocuo problema di taglio di capelli (aggiornamento 21 febbraio: sul Corriere il produttore Barbagallo smentisce le pressioni). Poi certo mamma Balducci (Rosanna Thau) avrà forse brigato per far intervistare il figlio da Mollica al Tg1 come riporta L'Unità. Ma siamo più nel territorio della commedia all'italiana che non nel codice penale. Seguendo questa linea moralistica non si va lontano e buona parte di noi italiani andrebbe messa all'indice.
Fatto sta che, comunque, chi tocca Balducci rimane scottato. Ne sa qualcosa anche Andrea Occhipinti, finito anche lui nelle intercettazioni solo perché ha prodotto il film di Carlos Saura Io, Don Giovanni con Lorenzo Balducci protagonista (qui una dichiarazione dell'attore sull'arresto del padre). Ne dà conto un articolo del Giornale che in realtà vuole stigmatizzare il problema del calderone dei nomi in cui tanti sono finiti. Ma il nome viene fatto e, come musicava Rossini, "la calunnia è un venticello, s'introduce destramente, e le teste ed i cervelli, fa stordire e fa gonfiar".
Fin qui i fatti, forse reali anche se quasi tutti "de relato", ma che non toccano più di tanto la realtà. Che invece è più tangibile, ad esempio, con la costruzione del nuovo palazzo del cinema al Lido di Venezia, futura sede della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, fortemente sostenuto dall'ingegner Balducci che all'epoca della gara era direttore del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del Turismo. Ora sono in molti al Lido ad essere preoccupati dalla sua assenza forzata. Tanto più che, come ricostruisce Carmine Fotina su Il Sole 24 ore del 16 febbraio scorso, nella associazione temporanea d'impresa "che si è aggiudicata tra le polemiche la gara per la progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere con un appalto al netto del ribasso da 61,3 milioni di Euro" figura il gruppo Intini di Noci (Bari) con una quota sull'appalto pari al 24,05 per cento". Bene il gruppo è guidato da Enrico Intini che "nel momento clou dell'inchiesta barese su escort e appalti sospetti in Puglia raccontò di aver usufruito della preziosa consulenza di Gianpaolo Tarantini (150 mila Euro) per incontrare tra gli altri Guido Bertolaso e presentargli le potenzialità del gruppo". Il capo della Protezione civile ha confermato l'incontro ma ha precisato che il suo dipartimento "non ha mai ordinato né al signor Intini né al signor Tarantini l'acquisto di una matita, di un cerotto o di un estintore". L'imprenditore Intini "la sua soddisfazione l'ha portata a casa" con le celebrazioni per il 150esimo anniversario dell'unità d'Italia, uno dei grandi eventi gestiti dalla Protezione civile, sotto i cui auspici sta nascendo il nuovo palazzo del cinema la cui prima pietra è stata posta il 28 agosto del 2008. "Una cerimonia - racconta sempre Il Sole 24 Ore - in grande stile alla quale parteciparono anche Angelo Balducci e - stando a un'intercettazione telefonica contenuta nell'ordinanza del Gip di Firenze - Diego Anemone, l'imprenditore al centro degli appalti contestati nell'inchiesta. Anemone, secondo la ricostruzione degli inquirenti, si precipita a Venezia per la posa della prima pietra con un obiettivo preciso: conquistare una subfornitura per gli arredi del nuovo Palazzo del cinema".
Il timore ora, con Balducci e Anemone in carcere, è che nel grande progetto del Lido non verranno a mancare solo gli arredi...

09 February, 2010

Venerati maestri



Forse qualcuno dovrebbe dirglielo. O forse qualcuno l'ha già fatto. Senza risultati però.
Fatto sta che ormai c'è un gruppo di registi che si presenta ogni anno, puntuale, all'appuntamento con il cinematografo. Uno di questi è americano, ma per il pubblico di riferimento ormai europeo d'adozione, Woody Allen. L'altro è una nostra gloria nazionale, Pupi Avati. Ecco Pupi ormai supera di gran lunga Woody, e forse qualsiasi altro cineasta al mondo. Quando venerdì uscirà il suo nuovo film "Il figlio più piccolo" probabilmente sarà già stato battuto il primo ciak del suo ancora più nuovo lavoro: "Una giovinezza sconfinata".
Il modello artistico e quello produttivo è sempre lo stesso. Prendi un attore da riscoprire in ruolo drammatici che mediaticamente funziona sempre, ora è Christian De Sica, ieri Ezio Greggio, domani chissà un Fabrizio Bentivoglio da commedia..., e ti appoggi una volta a Medusa e l'altra a Rai Cinema. E' quello che ormai accade più che puntualmente negli ultimi sette anni della sua filmografia con ben 9 film.
Ed è un peccato. Perché l'ottima scrittura di Avati non trova poi riscontro a livello cinematografico. Con un risultato un po' arronzato (usiamo volutamente un'espressione eccessiva da amanti traditi) che non fa onore a una carriera come la sua. Prendete appunto "Il figlio più piccolo", è paradigmatico. Sarebbe potuto essere un feroce ritratto dell'Italia di oggi come l'Italia di ieri sapeva fare al cinema. E invece si finisce per non credere mai a Christian De Sica che più che in un ruolo drammatico sembra non uscito dai suoi Natali.., ma neanche a Nicola Zingaretti che la pelata e i mustacchi dovrebbero già rendere personaggio (e invece no), figuriamoci al John Belushi italiano Nicola Nocella.
C'è qualcosa di finto, negli arredi, nei costumi, nella rappresentazione della realtà quindi, che alla fine non convince. Così come è finto il doppiaggio di molte scene, addirittura con stranianti fuori sincrono. Ed ecco la domanda: in tutto questo che influenza può aver avuto la fretta? Credo tanta. Perché con tempi così stretti tra produzione, post-produzione, scrittura del film successivo, riprese, ecc. è inevitabile non curare al meglio la forma. Che anche noi crediamo non sia la sostanza anche se comunque salta agli occhi. Anche perché Avati ha dimostrato di avere molte cose da raccontare. Al contrario del suo collega americano il cui problema è molto più grave, perché esattamente inverso.