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16 September, 2010

Promessi sposi



Come i capponi di Renzo anche i nostri registi hanno deciso di beccarsi dopo il verdetto veneziano che non ha visto premiare nessuno dei quattro film italiani, su 24, in concorso.
Così, dopo le innocue esternazioni dei membri italiani della giuria presieduta da Quentin Tarantino, Luca Guadagnino e Gabriele Salvatores, Mario Martone che aveva portano in concorso "Noi credevamo" ha deciso di polemizzare a muso duro solo con Salvatores attraverso un'intervista con Paolo D'Agostini su La Repubblica. La cosa divertente, ma tragica, è che quasi tutte le sue affermazioni si basano su un'errata conoscenza delle dichiarazioni di Salvatores che ha detto:
"Io ho cercato di porre all’attenzione della giuria tutte le cose positive dei film italiani. Per un po’ ci si è soffermati sugli interpreti giovani.
C’era un livello minimo di gradimento che andava superato, gli italiani non ci sono mai arrivati.
Nei nostri film ho trovato molti aspetti positivi e li raccomando al pubblico ma da questa Mostra viene fuori il vero problema del cinema italiano che, a livello emozionale, non passa all’estero. E allora viene da chiedersi: perché questo negli anni '60 non succedeva? Forse il modo di raccontare l'Italia di allora era più universale, lo stile, le immagini, l'uso del cinema".
Bene, si può essere d'accordo o meno con quanto dice Salvatores ma di certo non ha offeso nessuno.
Qualcuno però ha riferito a Martone le cose in un altro modo e così il regista napoletano s'è arrabbiato. Domanda di Paolo d'Agostini: "Salvatores ha rimproverato ai film italiani carenza inventiva sul piano stilistico e incapacità di comunicare emozioni". Risposta di Martone: «E li ha esortati a "uccidere i padri", emanciparsi dalla commedia e dal neorealismo. Mi viene voglia di chiedergli: Mediterraneo, che gli ha portato tanta fortuna, cos' era se non una commedia italiana? Mazzacurati si muove nel solco di quel patrimonio ma rinnovandolo con grande originalità. È inaccettabile che un collega fissi gli standard di qualità e giudichi gli altri al di sotto. Chi lo autorizza a dettare i canoni, che cosa gli permette tanto paternalismo?».
Male perché Salvatores ha citato, in controtendenza a quello che fa di solito, il neorealismo e la commedia all'italiana come luogo di cinema universale. Infatti ha detto che, in genere "bisogna uccidere i padri" ma certo quel cinema passava, e molto, all'estero. Sarebbe bastato citare anche "Il Divo" e "Gomorra" (e magari "Io sono l'amore" dello stesso Guadagnino") per dire che ancora oggi il nostro cinema all'estero ci va. Insomma Salvatores ha peccato un po' di superficialità nell'analizzare, facendo di tutta l'erba un fascio, la situazione del nostro cinema.
Ma qualcuno non perdona. Il giorno dopo, sempre su Repubblica , Marco Bellocchio entra a gamba tesa nella polemica, chissà perché, dicendo che quelle di Salvatores sono «parole del tutto insensate». Lui ha le carte in regola per parlare: "Dico la mia dal momento che sono completamente fuori dai giochi. Ho visto i quattro i film italiani e anche tutti gli altri del concorso [24 opere in concorso, Bellocchio deve essere uno stakanovista..., ndr]. E alla luce di questo posso permettermi un giudizio: il film vincitore, Somewhere di Sofia Coppola, è assolutamente mediocre. Soprattutto se lo paragoniamo ai suoi lavori precedenti. I quattro film italiani sono superiori, e mi riferisco soprattutto a Noi credevamo di Mario Martone e a La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo». Chissà che non si siano risentiti anche Celestini e Mazzacurati che non vengono nemmeno citati. La polemica potrebbe continuare all'infinito.
Cerca di chiuderla Muccino. Chissà perché anche lui si lascia coinvolgere: "Un film non va visto conoscendo il paese dove è stato prodotto e il contesto sociale nel quale è stato realizzato. Se è bello, parla da solo, se è brutto, altrettanto".
Parole sante. Che i prossimi giurati italiani di Venezia se l'appuntino per evitare future polemiche...
Per Salvatores oramai è tardi. Lui, così pacato, non ha risposto a Martone&Co. La cosa divertente, ma tragica, è che Martone se l'è presa con Salvatores su fantacitazioni. Nessuno gli ha riferito l'unica e sola cattiveria che Salvatores, al fatidico incontro con la stampa domenica scorsa all'Excelsior del Lido di Venezia, ha insinuato su "Noi credevamo": "Martone ha realizzato una bella rilettura sul Risorgimento, anche se il fatto di raccontare che quei giovani all'epoca sparavano e tiravano le bombe lo aveva già scritto Gramsci, e non solo".
Martone buon ultimo. E ora chi lo sente?