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11 April, 2010

Grande, grosso, Verdone e (in)victus



I David di Donatello rappresentano il cinema italiano? Lo so, non si inizia con una domanda, ma certo l'annuncio delle cinquine del premio gestito dall'Accademia del Cinema Italiano e dal suo presidente Gian Luigi Rondi qualche interrogativo lo pone. E non solo a me. Anche perché stavolta qualcosa sembra essersi veramente inceppato. E per capirlo lasciamo sfogare uno dei principali esclusi (intervistato il 9 aprile per Il Riformista e Il Secolo XIX da Michele Anselmi e per il Corriere della Sera da Valerio Cappelli):
"Se il metodo è questo, mi ritiro per sempre dai David. Che se la cantino e se la suonino. Sono contento per Marco ma è deprimente, sono molto dispiaciuto perché lo ritengo uno dei miei primi quattro film insieme a Borotalco, Compagni di scuola e Maledetto il giorno che t’ho incontrato. Per il livello dell’interpretazione complessiva, per l’equilibrio della commedia, perché si manda un messaggio, per la capacità di raccontare il dissesto della famiglia. Qua e là c’è un significato profondo, senza gag. Fortunatamente, 3 milioni di persone che hanno visto il mio film non la pensano come i 1592 componenti della giuria. Tra l’altro ho avuto critiche favorevoli quasi al 100 per cento. Mi domando quando riuscirò a dare ancora un’interpretazione come quella, un prete che non è mai una caricatura. Ho lavorato su questo missionario che torna dall'Africa e trova una famiglia a pezzi, ho cercato la misura giusta nella recitazione, facendo aderire il personaggio alla mia età. Mi è sembrato un atteggiamento oltre lo snobismo, quasi che il grande incasso, 16 milioni e mezzo di euro, fosse un problema. Come a dire: tanto il premio l'ha già avuto. Il dispiacere è molto molto grande. Con quel film ho raggiunto un pubblico trasversale, giovani e anziani. Mi conforta l’Aula Magna dell’università Tor Vergata di Roma strapiena l’altro ieri, i dieci minuti di applausi alla proiezione, quello è il premio più bello del mondo. Paolo Virzì ha fatto uno splendido film, ci siamo scambiati anche mail di complimenti. Ripeto non ce l'ho con i colleghi, non esiste complotto, ho buoni rapporti con tutti. Ma che Io, loro e Lara non sia stato considerato come uno dei migliori dell'anno, accanto ad altri certo belli e importanti, è francamente ridicolo. Che non mi diano più un premio alla carriera: non ritirerò più quei contentini, il colpo al cerchio e uno alla botte sono cose all’italiana»
Non avevamo mai sentito Carlo Verdone così arrabbiato dopo l'annuncio della quasi totale esclusione del suo Io, loro e Lara (solo Marco Giallini come attore non protagonista) dalle cinquine dei David di Donatello (premio col quale già due anni fa, per altri motivi, ebbe problemi, con annesso "contentino", appunto, di un David speciale). Verdone non è però l'unico grande escluso dai riconoscimenti che verranno assegnati nella serata del 7 maggio. Sì perché i ben 1592 giurati, che nell'ultima settimana di marzo hanno votato le cinquine, si sono concentrati in pratica solo su un pugno di film: La prima cosa bella di Paolo Virzì (Medusa) con 18 nomination, L'uomo che verrà di Giorgio Diritti (Mikado) con 16, Vincere di Marco Bellocchio (01 Distribution) con 15, Baarìa di Giuseppe Tornatore (Medusa) con 14 e Mine vaganti di Ferzan Ozpetek (01 Distribution) con 13.
Ecco, di fronte a questi grandi numeri (che girano però - detto sommariamente - attorno a sole due case di produzione, mentre per la cronaca Verdone è targato Warner Bros.), fa riflettere, ad esempio, la totale assenza di Pupi Avati che solo l'anno scorso era riuscito, dopo un po' di tempo dal premio nel 2003 per Il cuore altrove (peraltro risarcitorio di decenni d'oblio), a essere nominato per Il papà di Giovanna. E sì che il regista bolognese sforna quasi due film l'anno, tanto che secondo il regolamento era papabile sia per Gli amici del bar Margherita che per Il figlio più piccolo. Non solo lui come regista ovviamente, ma anche gli attori, attrici, magari un costumista... E invece nisba. Il troppo stroppia? Sarà per questo che Federico Moccia, ormai regista oltre che sceneggiatore, anch’egli con ben due film, Amore 14 e Scusa ma ti voglio sposare, non è riuscito a entrare neanche nella cinquina che gli dovrebbe essere più familiare, il David giovani, votato da oltre 6000 studenti delle scuole superiori e delle università di tutta Italia. Ma, a ben vedere, sono solo queste innocenti indicazioni a risarcire i grandi esclusi come, appunto, Carlo Verdone e Gabriele Muccino che per il suo Baciami ancora ha ottenuto unicamente due nomination: per la canzone di Jovanotti e per l'attore non protagonista, Pierfrancesco Favino.
 Sempre i ragazzi sono stati gli unici a inserire nella loro cinquina Genitori e figli:) Agitare bene prima dell’uso di Giovanni Veronesi, autore non molto amato dai David (unico premio nel 1994 per la sceneggiatura di Per amore solo per amore”). Perché è ormai assodato che la commedia (ma non è un problema solo italiano), nonostante rappresenti parecchi milioni di spettatori, sia il genere per eccellenza sempre assente da questi riconoscimenti annuali.
Ciò che è certo è che il sistema della giuria dei David, pur da qualche anno così allargata (Verdone lancia invece la proposta di "non più di 20 rappresentanti di categorie") , non riesce a rappresentare l'eterogeneità del nostro cinema, neanche nelle cinquine. E la prova è il caso lampante di un film importante e unico come Io sono l’amore di Luca Guadagnino, completamente dimenticato. E non se la cava meglio neanche la giuria speciale ristretta per l'individuazione delle cinquine per i documentari e i cortometraggi, oggetto d'un duro corsivo di Cristina Piccino su Il Manifesto del 9 aprile per essersi dimenticata dei migliori documentaristi italiani, tra cui Stefano Savona e il suo Piombo fuso. Possibile? Possibile.