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24 March, 2010

Good News



Errare è umano. Ma il Festival Internazionale del Film di Roma diretto da Piera Detassis almeno non persevera. Dopo la levata di scudi (come riportato nel post precedente) contro la "razionalizzazione" della sezione L'Altro Cinema - Extra curata da Mario Sesti, ieri il Consiglio di amministrazione della manifestazione insieme ai soci fondatori hanno fatto una parziale e onorevole
retromarcia che si gioca tutta sulla semantica del comunicato di approvazione del bilancio 2009. Si perché se da un lato si dice chiaramente che "la Sezione L’Altro Cinema/Extra oltre all’organizzazione di duetti con personaggi internazionali e alla definizione del Premio alla Carriera, d’intesa con il Presidente, punta nell’edizione 2010 a valorizzare l’importante concorso
dei documentari, giudicato per la prima volta da una giuria internazionale, e affiancato fuori concorso da film lungometraggi con caratteristiche di grande sperimentazione", dall'altro sembra proprio che non si voglia lasciare solo a questa sezione la competenza sul cinema sperimentale. E infatti il comunicato recita al principio: "Il Cda e i soci fondatori hanno accolto all’unanimità il chiarimento reso necessario in merito all’importanza del cinema sperimentale e dell’innovazione, confermandone e rafforzandone la presenza in tutte le sezioni". Una scelta che non so quanto gioverà all'intera struttura del festival sempre alla ricerca di una formula identitaria. Perché è chiaro che il cinema sperimentale può e deve stare dappertutto ma è altrettanto indubbio che è la sezione curata da Mario Sesti l'approdo naturale, appunto, dell'altrocinema.
Così anche la sezione Alice nella città "allarga i propri orizzonti, non più solo cinema per ragazzi in senso classico, ma un vero laboratorio di cinema giovane e di nuove tendenze". Ciliegina sulla torta, "per dare ulteriore ordine e definizione alla programmazione", è che "non ci saranno più incroci tra le sezioni ma è stato ideato uno spazio Eventi Speciali, curato dalle diverse sezioni del Festival con la supervisione del Direttore Artistico in cui confluiranno prodotti innovativi che non limitano il loro interesse alla pura proiezione, ma prevedono anche performance e commistioni di generi (arte visiva, letteratura, televisione, nuove tecnologie, diversi formati)".
Insomma il Festival Internazionale del Film di Roma è ancora alla ricerca di una sua identità non riuscendo a smettere del tutto i panni della manifestazione con tanti curatori (e quindi con tante sezioni forti, che era l'idea originaria, e originale, della Festa) a favore di un classico festival con un unico direttore. Quindi quando tra le righe si legge, "d'intesa con il presidente" e "con la supervisione del Direttore Artistico", non si tratta di sottolineature pleonastiche, ma del tentativo di rimarcare, se ce ne fosse bisogno, chi è che decide.

10 March, 2010

E' qui la festa?



La pagina intro del sito ufficiale è ancora ferma allo scorso anno ma il Festival Internazionale del Film di Roma diretto da Piera Detassis lavora alacremente per la nuova - la quinta! - edizione a fine ottobre. E nel tentativo di trovare la formula giusta per un festival metropolitano, bilanciato tra le diverse esigenze spettacolari, culturali, d'interesse per gli addetti ai lavori e, last but not least, politiche (cosa che, detto tra parentesi, non era riuscita neanche all'inventore Walter Veltroni) è incappato in un incidente di percorso che sta rischiando di compromettere pesantemente gli equilibri interni ma anche la percezione esterna che si ha del festival. La notizia, lanciata con grande tempestività da Valerio Cappelli sul Corriere della Sera in Cronaca di Roma (a cui è seguito un articolo molto critico sulla direttora), è che il consiglio di amministrazione del festival ha deciso di "razionalizzare" la sezione "L'Altro Cinema - Extra" curata fin dall'inizio con determinazione e successo (troppo da provocare invidie?) da Mario Sesti portandone i film, esclusivamente documentari (definizione che dovrebbe essere oggi più che mai, e giustamente, indefinibile), da 29 a 12, e riducendo gli incontri con gli autori. Ciò che poteva rimanere all'interno di una logica di organizzazione interna della manifestazione capitolina (cosa che peraltro era già successa lo scorso anno facendo titolare un articolo dello stesso Cappelli sul Corsera così: "Roma, più ricco il Festival «dimagrito»") è stato vissuto come un attacco personale, al limite del mobbing, a Mario Sesti che ha un contratto a tempo indeterminato e quindi dorme sonni tranquilli e che comunque su tutta questa vicenda non si è sapientemente fatto sfuggire una sola parola (almeno fino ad oggi quando sul suo profilo di Facebook ha rilanciato il gruppo "non toccate EXTRA!" - molto critico - che si è creato a sostegno della sua sezione).
Il CdA, questo il dato politico forte e bipartisan ("Ma che cos'è la destra, cos'è la sinistra...) per la prima volta non ha votato all'unanimità con Gianluigi Rondi, Luca Barbareschi (Comune di Roma), Francesco Gesualdi (Regione Lazio) e Massimo Ghini (Provincia di Roma) a favore della riorganizzazione proposta da Piera Detassis (che in un articolo di Leonardo Jattarelli su Il Messaggero ha smentito il ridimensionamento degli incontri con gli autori di "Extra" e ha parlato di "razionalizzazione" di tutti i film in concorso), contrario Carlo Fuortes (Musica per Roma) e astenuto Piero Abbate (Camera di Commercio).
A questo punto la partita, in vista anche delle elezioni, sta diventando tutta politica (Regione, Comune, Provincia: l'un contro l'altro armato, e Michele Anselmi su Il Riformista di oggi lo evidenzia bene) che è il vero punto debole del Festival di Roma. Perché sia l'inizio che la fine di questa manifestazione, che in un pugno di anni ha già cambiato direzione, assetto, nome, si è giocato e si gioca tutto su questo terreno. Scivoloso.

02 March, 2010

Per proiezioni scolastiche...



Mentre (ri)vedevo Grazie zia (a proposito, grazie Iris!) (ri)pensavo a un film che in settimana mi aveva messo a disagio: Genitori e figli :) Agitare bene prima dell'uso. Non che si possa fare alcun paragone tra i film di Samperi e Veronesi ma certo se rimaniamo alla trama, tutt'e due raccontano di padri e figli. E mi sono immaginato oggi la presentazione alla stampa di un Grazie zia o di un suo diretto genitore come I pugni in tasca (ambedue diretti da esordienti nel lungometraggio, ambedue con Lou Castel, ambedue montati da Silvano Agosti). Sono (abbastanza) certo che la forza del soggetto (indiscutibile in entrambi i casi) non avrebbe prevalso nella cronache sulla forza delle immagini ((indiscutibile in entrambi i casi). Mentre oggi ci troviamo di fronte all'esaltazione di un soggetto (discutibile) che offusca qualsiasi analisi filmica. Genitori e figli :) Agitare bene prima dell'uso viene letteralmente venduto al mondo della comunicazione, un po' come avviene con l'appalto interno al film degli spazi pubblicitari (ah sì certo, si chiama product placement), attraverso la storiella dell'incomprensione genitori/figli o della geniale invenzione di Giovanni Veronesi che aborre la famiglia allargata a favore del ristretto branco familistico di sangue (che ora sembra di moda, anche Ozpetek lo teorizza) . E tutti giù a scriverne. La sociologia del cinema. In cui Gabriele Muccino è un maestro. Ma almeno lui riesce a fare un film compiuto e non una rapsodia di episodi. E se il maestro in Ricordati di me" aveva colto il fenomeno delle veline ora, addirittura nel decennale del Grande fratello italiano, assistiamo a una verbosa disquisizione se sia auspicabile o meno che un ragazzo voglia andare alle selezioni di quel programma. E' molto bello che al cinema se ne parli in famiglia, ma nella realtà non ci sarebbe (e non c'è) alcun bisogno di farlo.
Ma il discorso sul GF è la punta dell'iceberg di un film costruito tutto sulla scrittura, su una sorta di supposta sceneggiatura di ferro che seguendo gli epigoni del genere (Muccino appunto, ma anche Brizzi e Martani con la citazione della battaglia dei gavettoni o con la visita, qui in versione ecologista e involontariamente comica, al parco acquatico) mette in fila, in maniera sorprendentemente didascalica, un po' di casistica più o meno reale, tic sociali in cui forse un po' riconoscersi. Nel farlo Veronesi non imprime alcuna cifra stilistica personale (il dolly a chiudere sui rami degli alberi sarebbe da vietare nel cinema), non inventa nuovamente la realtà e anzi si lascia andare a una volgarità a tratti disturbante che trova il culmine in uno degli episodi più sgradevoli, perché compiaciuto, del nostro cinema: un ragazzo cinese che fa da nave scuola nello sverginare le adolescenti ragazze della scuola della protagonista (si dice che ce l'ha piccolo, è pure extracomunitario, ha tutto l'interesse di fare bella figura con le italiane... Mah!). Mentre la lezione di come s'infila un profilattico con l'ausilio di una carota è encomiabile anche se sa molto di Dipartimento Scuola Educazione, per chi se lo ricorda.


Un film urlato, come la recitazione survoltata di Silvio Orlando e Luciana Littizzetto, come l'inserimento continuo di accompagnamento musicale e di canzoni per creare un'atmosfera, che non lascia alcuno spazio alle sfumature, ai non detti, allo spettatore insomma... E neanche ai personaggi di contorno come Elena Sofia Ricci, ampiamente sottoutilizzata, o Max Tortora di cui scopriamo i veri amori nientemeno che alla fine del film (a proposito di sceneggiatura di ferro...).
Infine ho pensato alla censura: più pesante per Samperi con il divieto ai minori di 18 anni e più leggera per Bellocchio con i 14 anni. Ma si sa, in Italia chi tocca il concetto di famiglia (nell'accezione distruttiva) muore. Poi ho scorso le pubblicità vicino ai tamburini degli spettacoli. Per Genitori e figli :) Agitare bene prima dell'uso, naturalmente considerato "film per tutti", si può chiamare un numero per concordare le proiezioni scolastiche. Scolastiche?