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18 January, 2010

Made in Italy



Magari è solo una svista. Però è curiosa se non anche rivelatrice.
Prendete il numero appena uscito dello storico periodico "Il giornale dello spettacolo" e andate a pagina 8. Di spalla in taglio alto a destra l'annuncio dell'imminente arrivo, il 23 gennaio, del "Bari International Film & Television Festival".
Sotto il titolo, nome e cognome dell'autore dell'articolo, Marco Spagnoli, assiduo collaboratore della testata quindicinale e organo ufficiale dell'Agis.
Bene, il nostro collega è anche il vicedirettore, insieme a Enrico Magrelli, della manifestazione pugliese ideata e diretta da Felice Laudadio. Circostanza che nell'articolo non viene in alcun modo omessa. Trattasi quindi sicuramente di un errore, d'una svista appunto, perché non s'è mai visto un giornalista vergare un articolo su una manifestazione da lui stesso diretta o vicediretta. Almeno nella carta stampata perché nell'etere, ormai digitale, Pascal Vicedomini supera qualsiasi immaginazione ideando e conducendo interi programmi (in genere su RaiTre) incentrati sulle sue manifestazioni capresi o ischitane che ha ideato e dirige e conduce. E il cerchio si chiude, dal produttore al consumatore con la filiera certificata e sempre rintracciabile.
Non varrebbe neanche la pena di scomodare il "conflitto d'interessi" per quello che è certamente un errore. Un po' meno le due intere pagine su sedici totali di pubblicità del "Bif&st" e del Cineporto di Bari. Che diventano quasi tre con l'articolo in questione. Ma in un'epoca di crisi per l'editoria e di forti contrazioni pubblicitarie non è forse nemmeno il caso di tirare fuori questioni etiche o deontologiche. Che sono irrimediabilmente passate di moda.

03 January, 2010

Vietato vietare


So di affrontare un argomento scivoloso. Ma forse una premessa teorica mi può mettere al riparo da possibili critiche.
Bene, in Italia esiste una forma di censura cinematografica che è stata eufemisticamente chiamata "revisione cinematografica". E va avanti così, pressoché invariata, dal 1962 (retaggio di norme che risalgono addirittura al 1920). Dà modo a 8 commissioni composte da una decina di persone (un magistrato o docente di diritto, uno psicologo o pedagogo, due rappresentanti dei genitori, due di categoria e uno degli animalisti) di dare il nulla osta e quindi di ritenere il film per tutti, vietato ai minori di 14 anni o di 18.
Preso atto di questa realtà fattuale passo ora al tema del mio post. E cioè che se ci devono essere delle indicazioni dello Stato su cosa un cittadino minore di età (o addirittura maggiore se pensiamo al caso storico di "Ultimo tango a Parigi" a cui addirittura fu negato il nulla osta per la proiezione in pubblico fino a che Bertolucci assecondò la richiesta di un "alleggerimento" di otto secondi nelle scene di sesso) possa o meno vedere, allora queste indicazioni devono essere coerenti, inserite nel giusto contesto storico e, cosa più importante, utili. E' una questione di pragmatica. In questo gli anglosassoni sono molto più bravi di noi. Negli Stati Uniti funziona un sistema di "autogiudizio" dei produttori sui film. Divisi in varie categorie (con quella 'peggiore' troppo spesso abusata) il cui fine ultimo è però dare un'indicazione soprattutto ai genitori. Ripetiamo, se una forma di controllo ci dev'essere allora è meglio che sia all'americana. Basterebbe quasi solo copiarla. In Italia se ne parla da anni ma come sempre non si conclude nulla. Il risultato è che ogni anno le varie commissioni praticamente non vietano più alcun film ai minori di 18 anni e solo una manciata ai 14 anni. Intendiamoci, molto meglio così. Questo succede perché i tempi sono cambiati e quei due 'step' non sono più adatti al comune sentire. Tanto che le stesse case di distribuzione, che non hanno alcun interesse a creare problemi agli spettatori, negli anni si sono trovate a sorpassare la revisione cinematografica affiggendo cartelli appositi nei cinema per mettere in guardia sui contenuti di film come "Hannibal" (giudicato per tutti) o, addirittura, come "A Christmas Carol" (per alcune sequenze che possono spaventare i più piccoli) .
Ma allora perché tenere in piedi tutto questo italico ambaradan?