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08 December, 2009

Melancolia 8½-9


Non so perché mi è presa così. Sarà l'arrivo dell'inverno (e della fine dell'anno?). Sarà il tempo bigio. Fatto sta che quando ho visto il luccicante trailer numero 2 di Nine (in uscita il 18 dicembre negli Stati Uniti e il 22 gennaio in Italia per 01 Distribution) m'è presa una grande malinconia. (Per i pochi interessati, c'è da notare che di solito non sono attraversato granché da questo umore e che il musical è uno dei miei generi preferiti). E comunque quando ho visto e sentito Kate Hudson cantare "Cinema italiano", il mio primo stato d'animo è stato, appunto, di rimpianto. Per un cinema, il nostro, quello italiano, che non c'è più. Più ascoltavo il definitivo omaggio a Federico Fellini e al suo oscarizzato e più pensavo alla morte del nostro cinema.

Ma non all'aspetto industriale, comunque importantissimo, della faccenda (con l'altissimo numero di italiche produzioni annue) perché nella storia, si sa, ci sono sempre gli alti e i bassi. Le età dell'oro nascono e muoiono (e quella del nostro cinema è storicamente defunta). Quanto piuttosto a una questione più profonda. Nel bislacco testo di Nine c'è tutto l'immaginario di una certa Italia. Fotografata da Fellini ma che paradossalmente - e non è neanche tanto importante - non è forse mai esistita (può essere la stessa Italia che cinque anni dopo - proprio in questi giorni - agonizzava a Piazza Fontana?). Era naturalmente il sogno di una certa Italia. In qualche modo glamour, fatta di pezzi di maschio latino, di gocce di caffè, d'una vita ancora in bianco e nero, di scorci di costiera, di luce unica. Quella che fa dire a Kate Hudson di Guido/Marcello Mastroianni "l'ultimo uomo romano".

Un'Italia d'esportazione, certo. Un'Italia da cartolina. Ma cinematografica. Perché questo il cinema riesce a fare: crea l'immaginario collettivo. Anche estero. Figuriamoci nelle mani di Fellini.

Ma allora la malinconia? E' per l'immaginario che il cinema italiano riesce a creare oggi. Da "Gomorra" a "Il Divo", tanto per dire di due opere capitali. Perché non si tratta più d'immaginario. Ma di realtà. Che è certamente esistita, esiste e, purtroppo, esisterà...



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